Grandi uomini si nasce, giocatori in prima squadra si diventa. Il calcio è stato ed è la passione più grande di Leonardo Talamonti, quando è calato il sipario sulla sua carriera però qualcosa lo ha spinto a cambiare vita. L’ex difensore ha ricercato la felicità scegliendo i chiodi migliori e le chiavi giuste e ancora il suo amatissimo prato verde
La giusta distanza, gli utensili migliori, le passioni di sempre. Oggi Leonardo Talamonti ha 38 anni ed è un uomo felice. Andato dove l’ha portato il cuore. Il calcio è stato tutto per “Leo” che palla al piede è partito dal paesino di Alvarez in provincia di Rosario ed è arrivato al comune marchigiano di Ripatransone per scoprire le sue origini. L’esperienza alla Lazio è stata breve ma intensa, quella all’Atalanta lo ha segnato nel profondo. Talamonti ha chiuso la carriera in Argentina poi ha preso tra le mani la ferramenta di famiglia: e ha trovato le chiavi giuste per aprire le porte sul futuro. Usando i chiodi migliori, quelli che non ne schiacciano altri. L’ex difensore ha appeso un nuovo capitolo sulla parete della sua vita, fatto di semplicità e di tanta passione.
Leonardo, che cosa fa oggi nella sua vita?
Due anni e mezzo fa ho deciso di chiudere la mia carriera da calciatore. Da qualche anno avevo una ferramenta di famiglia e ho scelto di prenderla tra le mani. Sono tornato a casa mia in Argentina, lavoro in ufficio e a contatto con la gente. Faccio di tutto. Anche mia moglie è in ufficio, mio padre guida il furgone e trasporta la merce da una parte all’altra. Insieme a noi lavorano anche due operai.
Lei vive in un paesino dell’Argentina: come è tornare in una realtà così piccola dopo essere stato sotto i riflettori del calcio?
Abito ad Alvarez a 25 chilometri da Rosario, il paesino ha 9000 abitanti. Avevo ben chiaro che cosa fare. Quando ho smesso di giocare sono tornato a casa ad Alvarez dove sono nato insieme alla mia famiglia. Ho tutto in questo paesino: anche una casa. Non mi piacciono le grandi città, per questa ragione mi sono trovato molto bene a Bergamo quando giocavo.
Oltre ad occuparsi della ferramenta, lei fa ancora calcio in qualche modo?
Nel mio paesino ci sono due club. Io do una mano all’Union de Alvarez. Non voglio essere pagato, lo faccio per passione. Ho giocato con loro da piccolo fino ai miei 15 anni, quando sono andato nella Primavera del Rosario Central e poi ho esordito in prima squadra. Sono molto legato a questo club: alleno gli Allievi e do una mano alla dirigenza. Per me ogni giorno dovrebbe durare 38 ore…